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Altro che Sblocca-Italia, la guerra al petrolio anche dietro l'omicidio Matteotti - SECONDA PARTE

La Sinclair Oil (ovvero il romanzo criminale senza fine)
(segue dall'articolo precedente)

Rieccoci qui, a parlare di un vecchio caso mai risolto. Noi, finti detective di Cogito ergo Posto.
Ci siamo lasciati con un accenno al caso Sinclair Oil e si è detto che potrebbe essere il movente dell'omicidio di Giacomo Matteotti, che dunque non sarebbe solo un omicidio politico per l'opposizione al prefigurarsi del regime fascista.
Dunque, magari, se fosse stato per motivi diversi, meno banali... potrebbe essere un caso importante tutt'ora. Potrebbe essere un caso non necessariamente archiviato con la fine del regime. Stanno a voi le domande; a noi le risposte: solo fatti, niente supposizioni.
Ma soprattutto a voi le domande.

Magari vi siete già un po' informati al riguardo, o magari attendevate questa seconda parte. Ridate un'occhiata al riassuntino finale del primo articolo e rientriamo nel clima gotico della vicenda (non vi sembra decisamente gotico per essere soltanto storia?).


 Riprendiamo
Al momento dell'arresto, a Dumini venne sequestrata una borsa: quella che Matteotti stava portando alla Camera il giorno del rapimento.

 Il punto di non ritorno. 
Dumini non fece parola né su ciò che conteneva, né da quali mani fosse passata ed a quale scopo. Non disse proprio nulla sulla borsa rubata a Matteotti né all'arresto né durante tutto il processo. Ovviamente quando fu ispezionata dalla polizia, la borsa non conteneva nulla.
Questa sarebbe finita nelle mani di Emilio De Bono – vi ricordate il gerarca costretto alle dimissioni da Mussolini?- che poi l'avrebbe data a Mussolini stesso.
Ci sarebbe dovuto essere un dossier, il dossier Matteotti, che avrebbe raccolto questi documenti e moltissimi altri su Matteotti. Tale dossier, custodito da Mussolini, e molti altri documenti, sarebbero stati sequestrati dai partigiani al momento della cattura del sopracitato, il 27 aprile 1945. Usiamo il condizionale perché se li avessimo, staremmo a parlare di un'altra cosa, o l'articolo non sarebbe mai nato. Il dossier Matteotti andò perduto irrimediabilmente, sebbene presente nell'inventario temporaneo dei documenti sequestrati.

 Arriviamo alla sostanza. 
Nel 1933 Dumini scrisse una lettera ai suoi avvocati in America, la classica lettera se-mi-uccidono-pubblicatela che vediamo nei film. Di fatti, in quel periodo, egli temeva di essere ucciso dal regime, di essere eliminato insieme a qualsiasi storia avesse da raccontare.
In questa vera e propria lettera testamentaria, Antonio Dumini fa un nome chiaro: Mussolini. Solo che stavolta non è Benito, ma suo fratello: Arnaldo Mussolini.
E la lettera non è arrivata in Italia, sia chiaro. Fu ritrovata da un ricercatore fiorentino nei National Archives e fu pubblicata nel 1986 su una rivista locale. In tale documento di circa 20 pagine, Dumini affermava di aver ricevuto dai gerarchi l'ordine di uccidere Matteotti, con un chiaro motivo: giorno 11 giugno Matteotti andava a fare in Parlamento un discorso che avrebbe creato moltissimi problemi al regime: andava a smascherare le tangenti della Sinclair Oil.
La borsa che gli fu rubata, secondo quanto ricostruito, conteneva documenti con informazioni riservatissime riguardo i rapporti tra l'azienda petrolifera americana Sinclair Oil e Vittorio Emanuele III.

 Colpo di scena, c'era un protagonista dietro le quinte. 
Ma come, Vittorio Emanuele III?” direte voi. E Arnaldo Mussolini? Beh, adesso ci arriviamo.
Il Regio Decreto-Legge (n. 677) del 4 maggio 1924 -emanato da V. Emanuele, per chi non avesse inteso “regio decreto-legge”- sanciva un accordo estremamente vantaggioso per l'azienda americana: la Sinclair Oil aveva l'esclusiva per ricercare e trivellare qualsiasi giacimento petrolifero italiano, con una concessione novantennale (per 90 anni!) e con l'esenzione dalle tasse (del tipo: volete anche tè e pasticcini?).

 O il re era rimbambito di colpo, o c'era sotto qualcosa. 
Vi sarete accorti che il RDL fu emanato all'incirca un mese prima della vicenda Matteotti.
Ebbene, Matteotti sarebbe andato a denunciare in Parlamento ciò che si nascondeva dietro questo accordo apparentemente scellerato.

 La guerra del petrolio. 
La Sinclair Oil usciva da uno scandalo: tangenti date alla Standard Oil (altra società americana, fondata da Rockefeller) proprio perché essa delegasse le trivellazioni in Italia alla Sinclair, al fine di limitare la concorrenza delle società inglesi che si stavano affacciando -minacciosamente- nel mercato italiano.

Il noleggio della Lancia Lambda con la quale venne consumato il rapimento di G.M. era intestato a un giornale, il Corriere Italiano (e adesso vediamo il perché di questa precisazione).
Il fondatore di tale giornale era Filippo Filippelli: di buffo c'è solo il nome. Egli gestiva le fonti di finanziamento di Arnaldo Mussolini. Filippelli ricevette (prima dell'accordo) alcuni milioni di lire, da chi? Dalla Società Italo-Americana Pel Petrolio. La filiale italiana della Standard Oil.
Tra l'altro la Sinclair era sotto inchiesta negli USA per un altro caso di corruzione, nel Wyoming, per il quale furono condannati un senatore e Harry Ford Sinclair, il presidente.
Sebbene la notizia negli USA avesse destato un grande clamore, in Italia passò quasi inosservata per non rovinare la reputazione dell'azienda con cui trattava il governo.
Oltre alla stipula degli accordi per le trivellazioni in Italia, dietro ulteriori tangenti, sarebbe stato incluso che nessun ente petrolifero statale trivellasse nel deserto libico.
Non solo quello italiano, ma anche il governo inglese veniva danneggiato: abbiamo parlato dell'accordo sottobanco per tagliare fuori dai giochi le aziende petrolifere britanniche che si affermavano a quel tempo.
Dunque: la S. Oil veniva da uno scandalo (tangenti, Wyoming) e per tirarsene fuori (rischiava la bancarotta) fece un altro scandalo (altre tangenti) sempre con la rivale Standard ma stavolta perché non le facesse concorrenza in Italia e danneggiasse di fatto le società inglesi. Per poi assicurarsi le trivellazioni in Italia che fa? Altro scandalo (per altre tangenti, al governo italiano).

Matteotti in questo periodo fece un viaggio in Inghilterra e si ritiene che lì (in particolare grazie al partito laburista) abbia ottenuto le prove del caso di corruzione. Difatti, il Daily Herald, giornale di partito dei Laburisti, accusò apertamente Arnaldo Mussolini di aver ricevuto (con altri politici) una tangente di 30 milioni di lire.
La tesi dell'omicidio per insabbiare le tangenti fu sostenuta da tutta la stampa inglese.

 Fine del viaggio. 
Da qui in poi ci sono ricostruzioni più o meno affidabili, ma terminano le prove. Sono poche quelle già elencate? Decidete voi.
C'è chi sostiene che le tangenti le abbia intascate il re, chi sostiene le abbia prese Mussolini (uno o entrambi i fratelli), chi non crede a questa ricostruzione e avvalora la tesi del semplice omicidio politico.
La vedova Matteotti (che ai tempi chiese espressamente di non vedere nessun membro del PNF al funerale del marito) e i suoi figli non accusarono mai direttamente Benito Mussolini, sebbene si abbiano grossi sospetti sulla loro credibilità. Di fatti, la famiglia arrivò a una situazione finanziaria disastrosa, sull'orlo della bancarotta, dunque è possibile che il loro silenzio possa essere stato comprato anche dopo la fine del regime. 

Si conclude il nostro viaggio tra petrolio, mazzette, affarismi e delitti. Vi sentite delusi? Interessati? Vi aspettavate una disquisizione da ambientalista, contro il petrolio; o un contro-comizio da politico, contro lo sblocco delle trivellazioni (contenuto nello "sblocca-Italia")? Non stavolta. Ma magari ci faremo una puntata, se volete. Ma tanto lo sappiamo che volete altri duelli Gasparri-Fedez.
Commentate, condividete e continuate a seguirci: in giro si vocifera di un articolo sul nuovo, acclamatissimo Papa... 

Fonti:

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